Voglio condividere con voi le riflessioni fatte prima, durante e dopo una serata sul tema della fragilità che ho condotto per conto dell’Associazione Nutri.menti, un ente culturale di cui sono socio fondatore. Vi invito poi, se interessati, a leggere di cosa si tratta, alla pagina dedicata che trovate su questo stesso blog!
Per l’occasione ho chiesto ad un collega, il prof. Giulio Bizzarri, docente di Lingua e Letteratura italiana al liceo, di condividere con me le sue conoscenze biografiche e letterarie su Giacomo Leopardi e di costruire una conversazione davanti ad un buon bicchiere di vino e con i soci intervenuti sul tema della fragilità umana.
Lo spunto è venuto dal best seller di Alessandro D’Avenia,
che offre una lettura diversa del personaggio di Giacomo Leopardi, che forse più di altri conosciamo dai tempi della scuola come “lo sfigato”, “il depresso”, che due… ecc. Personalmente, ho comprato e letto il libro dopo aver raccolto la provocazione che l’autore lancia a pag.11, dove afferma che durante un periodo molto cupo dell’adolescenza Leopardi gli ha svelato il segreto della felicità…???
Quindi, Leopardi non era solo debole, mancante, autoflagellante? Era anche altro allora?
Che cosa indichiamo come fragilità?
Quando si è fragili?
E il contrario è esser forti allora?
Il concetto di fragilità, nella sua ambivalenza, è prima di tutto una caratteristica giudicata e spesso anche negata dal mondo sociale, mentre udite udite in psicologia rappresenta una delle risorse umane più importanti per far fronte alle sfide della vita e per evolversi. Borgna, famosissimo psichiatra e ormai anche scrittore, dice che “la fragilità è considerata abitualmente un’esperienza inutile e antiquata, immatura e malata, estranea allo spirito del tempo, invece nella fragilità si colgono valori di sensibilità e di delicatezza, di gentilezza e dignità…” (p.52)
E quali sono le emozioni additate come fragili?
“sono fragili la tristezza, la timidezza, l’inquietudine dell’anima e la speranza, la gioia e la sofferenza, il riso e le lacrime…” (p. 54)
E se provassimo a pensare che invece queste siano anche virtù? ciò che ci rende davvero esseri umani?
Risorse come la gentilezza, l’autenticità, la spontaneità, la tenerezza, la modestia, sono proprio figlie della nostra parte più vera, più profonda, e quindi vulnerabile e fragile, magari ferita dalla vita e per questo ancora più preziosa. Sono tanti i momenti fragili nella nostra vita: tutti i passaggi di vita lo sono, l’adolescenza, la maternità e la paternità, la presa di decisioni importanti, la terza età, i lutti, e ancora. Ed è proprio dando voce anche alle nostre parti “nude” che spesso troviamo un via per guarire o per superare le crisi.
Questo è possibile se ci concediamo il silenzio e così ci ascoltiamo ed entriamo in contatto con i nostri pensieri e le nostre emozioni autentiche
In psicoterapia tutte le emozioni sono ok e sono importanti: la gioia, la tristezza, la rabbia, la paura, il disgusto, lo stupore, per citare quelle di base. Sentire la gioia ci invita a godere appieno di quel momento, sentire la tristezza ci comunica che abbiamo perso qualcosa di importante, sentire la rabbia spesso ci mette in contatto con un bisogno di cambiamento, sentire la paura è funzionale a proteggersi. E tutte le emozioni per definizione fluttuano e hanno un tempo, poi passano. E’ proprio la consapevolezza che ci siamo “impantananti” su una sola di esse che spesso ci orienta verso la psicoterapia o verso il counseling, perché percepiamo disagio, senso di smarrimento, perdita di lucidità o di speranza.
E lo psicoterapeuta, è forte o è fragile?
Le contemporanee correnti relazionali, tra cui l’Analisi Transazionale, che è il mio orientamento, basano l’efficacia della cura sulla relazione tra terapeuta e paziente. L’intimità e l’autenticità nella relazione terapeutica si basano proprio sul permesso per entrambi, terapeuta e paziente, di entrare in contatto con le proprie parti fragili. Questo permette di “risuonare”, di entrare in sintonia, come fosse una musica, con quelle stesse emozioni: questa è la base dell’empatia, che da diversi anni oltre ad un nome ha anche una cornice neuroscientifica grazie alla scoperta dei neuroni specchio. L’empatia è una risorsa innata di ogni essere umano, che eventualmente viene negata, svalutata o non esercitata, ma che è sempre presente.
La psicoterapia è in fondo un percorso di nascita e crescita di una relazione “umana e gentile” (Borgna) in cui non si etichettano le emozioni come “negative”, ma dove si crea una cornice sicura in cui dare un senso e un significato alle emozioni ferite e alle circostanze in cui sono state vissute, recuperando la speranza e la motivazione al cambiamento.
Coming soon (autunno 2018): Le nevrosi di Manzoni… – stay tuned
Bibliografia
Alessandro D’Avenia, L’arte di essere fragili, Mondadori, 2016.
Eugenio Borgna, Le passioni fragili, Feltrinelli Editore, 2017.