Porte di confine

Oggi in una pausa di lavoro ho notato questo scorcio, che poi è la porta di ingresso dell’edificio dove io e altri colleghi condividiamo lo studio. Mi ha evocato molti pensieri, che d’abitudine lascio fluire in quella che Freud chiamava “attenzione libera fluttuante”. Bello il contrasto di colori tra il “dentro” ed il “fuori”: dentro il giallo ed il marrone, colori della terra e delle origini, colori caldi; fuori l’azzurro del cielo insieme al verde intenso della campagna. Lì in mezzo, a fare da confine, una grande porta, aperta a metà. Potevo vedere cosa c’era aldilà stando sempre dentro, e sentire per esempio il desiderio di uscire, oppure di guardare fuori senza fare niente, oppure ancora non essere interessata.

Beh, non è questa porta una potente metafora del confine, mai dato per scontato, tra “Io” e “l’Altro”?

Direi proprio di sì!

In psicologia clinica, potremmo fare una lettura dei diversi profili di personalità o delle patologie mentali usando questa analogia tra porta e confine.

Sì, perché noi abbiamo dei confini rispetto agli altri, sia fisici (il nostro corpo è distinto nello spazio da quello degli altri) sia psicologici e interni.

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